Il Sagrantino

Vitigno unico al mondo per struttura e longevità, il vitigno autoctono Sagrantino racconta la storia dell’Umbria e delle persone che vi hanno vissuto. Il Montefalco Sagrantino DOCG viene prodotto dall’omonimo vitigno, oltre che a Montefalco, nei comuni umbri di Bevagna, Gualdo Cattaneo, Giano dell’Umbria e Castel Ritaldi, nella provincia di Perugia.

SPINNING BEAUTY, 25 ANNI, VALDIMAGGIO, COLLEPIANO: COME NASCONO DEI VINI ECCEZIONALI

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Con i suoi acini di media grandezza e di colore blu-nero, il Sagrantino è una delle uve con il più alto contenuto di polifenoli al mondo tra cui gli antociani, responsabili della colorazione rosso rubino violacea del vino, e i tannini, responsabili della struttura e della tipicità tannica che questo vino ha nel suo DNA. 


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Tradizionalmente prodotto nella versione passita, nel 1992 il Montefalco Sagrantino ottiene il riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata e Garantita, sia per la versione secca che per quella passita. L’areale di produzione del Montefalco Sagrantino DOCG è un’area dal profilo collinare poco distante da Assisi, Foligno, Todi e Spoleto, con altitudini dai 220 e i 472 metri sul livello del mare. Si caratterizza, pur nella sua limitata distensione, in diverse esposizioni e pendenze, con precipitazioni annue medie tra gli 800 e i 1100 mm, e da rare nevicate.


DALL'EPOCA ROMANA AL MEDIOEVO

Secondo alcuni studiosi le origini del Sagrantino risalirebbero all’epoca romana. E’ ad esso che avrebbe fatto riferimento Plinio il Vecchio nel passo del Naturalis Historiae in cui cita l’uva “Itriola” tipica dell’Umbria e di Bevagna e del territorio piceno. 
Altri invece ritengono che alcuni semi di Sagrantino sarebbero giunti nella zona di Montefalco intorno alla metà del XV secolo, da frati francescani provenienti dall’Asia Minore.

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Non mancano interpretazioni secondo cui sarebbe stato diffuso in epoca medievale da monaci bizantini provenienti dalla Grecia.
È comunque nel corso del Medioevo che, per l’importanza del vino nella liturgia, la coltivazione della vite si diffonde non solo nelle campagne ma anche nei monasteri e conventi; tanto che secondo alcune interpretazioni, l’origine del nome Sagrantino potrebbe derivare dalla circostanza del suo utilizzo come vino nelle celebrazioni liturgiche, da cui “sacro” o “sagrantino”. 
Nel Medioevo dunque, le vigne costituiscono uno dei cardini attorno ai quali le persone e le comunità organizzavano la propria vita. Lo dimostra la Chiesa di San Bartolomeo, una delle più antiche parrocchie di Montefalco di cui si ha traccia già nel 1219, che nella parete absidale esterna, presenta, oltre a motivi tipici medievali, una monofora lunettata ornata con tralci di vite e grappoli. 
A queste evidenze si aggiungono i numerosi documenti che dedicano particolare attenzione alle viti e all’uva, oggi conservati nell’archivio Storico di Montefalco.

IL RINASCIMENTO

Nel Rinascimento, il vino di Montefalco è ormai noto e apprezzato come vino di pregio
Nel 1451, il celebre pittore fiorentino Benozzo Gozzoli, chiamato dai Francescani ad affrescare l’abside della loro chiesa, oggi Museo Civico di Montefalco, negli affreschi dedicati alla vita di San Francesco dipinge una bottiglia di vino rosso sulla mensa imbandita del Cavaliere da Celano.

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Il primo documento in cui viene citata l’uva “Sagrantina” risale al 1549. Gli segue un quadernetto del notaio assisano Giovan Maria Nuti, risalente al 1598, che riferisce della consuetudine diffusa a Foligno di mischiare il Sagrantino ai mosti per conferire loro aroma e sapore.
La famosa uva Itriola viene anche menzionata nel De naturali vinorum historia, de vinis Italiae e de convivis antiquorum, opera fondamentale della storia enologica italiana rinascimentale, pubblicata nel 1595 dal medico e naturalista Andrea Bacci, che la definisce particolarmente adatta alla produzione di Moscatelli, e ne ricorda l’assidua presenza nelle zone di Bevagna, Narni e Amelia.
Anno dopo anno, la viticoltura acquisisce rilevanza nell’economia rurale, e gli statuti comunali cominciano a prevedere divieti e sanzioni per tutelare la coltivazione delle viti e la produzione di uva. Il Cardinale Boncompagni, legato di Perugia, nel 1622 aggrava le sanzioni già previste dallo statuto prevedendo «[...] la pena della forca se alcuna persona tagliasse la vite d’uva [...]».

L’ETA’ CONTEMPORANEA E IL RICONOSCIMENTO DELLA DOCG

Il vino simbolo di Montefalco e dei colli limitrofi riceve il riconoscimento della DOC il 30 ottobre 1979 e della DOCG il 5 novembre 1992, sotto il nome di Montefalco Sagrantino, segnando due tappe fondamentali nel recente sviluppo del territorio.


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Già nel 1829 lo storico Giovanni Calindri cita Montefalco al vertice dello Stato per i suoi vini nel Saggio geografico, storico, statistico del Territorio Pontificio. Il Sagrantino viene riconosciuto come vitigno di antica coltivazione in Umbria dalla Commissione Ampelografica del circondario di Foligno (Ministero dell'Agricoltura, Industria e Commercio. ”Bullettino Ampelografico, 1879, XII, p. 34) e nel 1893 da Guglielmo Baldeschi ne I vitigni e i vini dell'Umbria”.
Nel 1925, alla Mostra enologica dell'Umbria, Montefalco è definito il centro viticolo più importante della Regione, occupando il primo posto nella coltura del vigneto specializzato con un prodotto medio annuo di 65 quintali di uva per ettaro, confermando il Sagrantino come vitigno dalle produzioni tendenzialmente modeste.
Nel 1971 l’Ente di sviluppo dell’Umbria lancia una produzione sperimentale di “vino Sagrantino” e l’anno successivo la Cantina cooperativa di Foligno dà avvio alla vinificazione del Sagrantino secco.
Nel 1973 viene presentata la domanda di riconoscimento per la DOC Montefalco e, dopo sei anni, l’allora Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste pubblica il decreto di riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata (DOC) per il Montefalco Rosso, e il Montefalco Sagrantino nelle versioni Secco e Passito, cui seguirà il riconoscimento della DOCG nel 1992. l disciplinari dettano regole rigorose circa le condizioni ambientali e la coltura dei vigneti, atte a conferire alle uve e ai vini le loro caratteristiche esclusive

Il Sagrantino e Montefalco: la riscoperta di un territorio storicamente vocato alla viticoltura

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CARATTERIZZATO DA EQUILIBRIO E COMPLESSITà, SPICCATA TANNICITà

CARATTERISTICHE DEL VITIGNO

Il Sagrantino è un vitigno a maturazione tardiva, presenta un’uva da grappoli con acini piccoli e neri, dotati di una buccia spessa e ricca di polifenoli, resistente all’attacco delle muffe e dei parassiti.
 

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La maturazione completa dei tannini, dapprima in vigna e poi in cantina, contribuisce a da un lato a creare un ottimo equilibrio e un profumo complesso dato da note fruttate, speziate e tostate, dall’altro ad attenuare la spiccata tannicità.


I suoli

I suoli del territorio di produzione del Montefalco Sagrantino sono inquadrabili all’interno del sistema di depositi del ramo sud-orientale del bacino del Tevere che occupa la Valle Spoletana, detta oggi anche Valle Umbra (Valli del Topino e del Maroggia).


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Tutta l’area della Denominazione è caratterizzata da depositi molto eterogenei, risalenti al Pleistocene, dove si alternano ghiaie ciottolose e sabbiose, sabbie monogranulari e limi argillosi. In generale, la zona di produzione del Sagrantino si caratterizza per la presenza di terreni di matrice argillosa
Il vitigno predilige forme di allevamento come il cordone speronato e il guyot. Il primo, consiste in un cordone permanente dotato di diversi speroni dai quali nascono i tralci fruttificanti. Il secondo invece, presenta più tralci a frutto, i quali vengono rinnovati annualmente durante la stagione della potatura.

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IL MONTEFALCO SAGRANTINO DOCG E IL MONTEFALCO ROSSO DOC

Principe di Montefalco, il Sagrantino ha una struttura intima il cui segreto è nella tipologia e concentrazione del tannino, che gli conferisce un sapore carismatico. Per questo motivo la sua uva viene utilizzata in purezza per produrre il famoso Montefalco Sagrantino DOCG, oppure, in assemblaggio con altri vitigni, per il Montefalco Rosso DOC.

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Da giovane il Montefalco Sagrantino DOCG si esprime in un colore colore rosso rubino molto intenso con riflessi violacei, che con il progressivo invecchiamento si trasforma in un denso granato. All’olfatto rimanda comunemente afrutti di bosco, more, prugne e cuoio che si legano perfettamente a un leggero tocco vanigliato dato dall’affinamento in barrique. Alla gustativa si distingue per una forza tannica spiccata, calda e strutturata
Nella versione passita, prodotta in poche quantità, il vino si presenta colore rosso rubino con riflessi violacei, talvolta granati quando invecchiato, al naso con riconoscibili note di confettura di more e cacao.  

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